«Il primo, immediato intervento sarà sugli asili nido.
Non possiamo indugiare oltre. Questo Governo,
quale prima misura di intervento a favore delle famiglie
con redditi bassi e medi, si adopererà, con le Regioni,
[…] per ampliare, contestualmente, l’offerta dei
posti disponibili [di asili nido e micro-nidi]»
(Conte, Presidente del Consiglio,9 settembre 2019).
Il giorno 19 dicembre, durante il consiglio comunale di Pisa, verrà discusso quanto di nuovo è già stato approvato dalla giunta leghista guidata dal sindaco Conti. Nel Documento unico di programmazione DUP, infatti, si legge: «revisione delle procedure di iscrizione e assegnazione dei posti presso i nidi d’infanzia, prevedendo un criterio premiante per l’assegnazione del posto a chi è residente da più anni».
Tralasciando il fatto che parlare di «criteri premianti» in relazione alla condizione di diritto comporta una risignificazione di come possa essere inteso il diritto stesso, alla luce di quanto emerso dalla programmazione della nostra amministrazione per l’anno prossimo, è necessario ampliare lo sguardo: avvalorare l’importanza della storicità della residenza per la gerarchizzazione delle politiche educative, infatti, vuol dire innanzitutto insistere sulla volontà di «premiare chi sceglie di radicare la propria vita familiare nel nostro territorio»1. E chi può, è doveroso aggiungere.
In effetti, a proposito di potere o non potere, bisogna sapere che il criterio è già in auge nella nostra giunta: l’anzianità di residenza è, a Pisa, determinante anche nell’accedere alle case di emergenza, ai sussidi per la genitorialità e a molte altre agevolazioni, nella maggior parte dei casi legate alla possibilità dell’acquisizione proprio della residenza.
La narrazione non è nuova: si pensi soltanto a quella che, esattamente un anno fa, dal Tribunale di Milano, è stata definita «la condotta discriminatoria del Comune di Lodi». L’amministrazione del Comune in questione, infatti, era stata condannata per aver inserito nel regolamento sull’accesso alle prestazioni sociali agevolate, diversi criteri che «escludevano in sostanza i bimbi immigrati dalle possibilità di accedere ai servizi scolastici»2.
Eppure, si dovrebbe sapere: la nostra legge prevede la parità di trattamento tra individui fin dal 1946. È infatti proprio nella Costituzione che viene istituito che, senza alcuna distinzione, «tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge (art. 3)
Non solo: oltre alla «pari dignità» e all’«uguaglianza» tra i cittadini adulti, si dovrebbe sapere, questa volta dal 1959, che ogni fanciullo «deve godere di possibilità e di facilitazione, in modo da essere in grado di crescere sano e normale»3; così come si dovrebbe essere a conoscenza del fatto che egli ha anche «diritto a godere di un’educazione che contribuisca alla sua cultura generale e gli consenta […] di sviluppare le sue facoltà, il suo giudizio personale e il suo senso di responsabilità morale e sociale, e di divenire un membro utile alla società»4»
Sono in effetti parecchie le ricerche che, a partire proprio da quegli anni, in diversi ambiti hanno messo in evidenza l’importanza del contesto socio-educativo nella «sana crescita del minore»: impossibile non pensare agli storici contributi di intellettuali quali, per esempio, Bowlby e Winnicott. I loro lavori, infatti, hanno orientato l’intera strutturazione delle politiche per l’infanzia, riconoscendo un valore inestimabile agli «istituti contenitivi ed educativi infantili» e intessendo uno scambio qualitativo con i differenti Stati, le cui «società e i cui poteri pubblici devono fare ogni sforzo per favorire la realizzazione di tale diritto5».
Ne va di mezzo la sicurezza del Paese: anche la neuropsichiatria infantile e la psichiatria più in generale sostengono che «l’equilibrio psichico dell’adulto dipende nella maggior parte dei casi da una equilibrata stimolazione ed educazione nell’infanzia»6 la cui futura «retta condotta di buon cittadino è determinata dalla sua adeguata crescita»7.
Soprattutto per chi vive in situazioni precarie e marginali, poi, presentando biografie complesse ed esistenze continuamente messe in discussione dall’accesso ai Servizi territoriali, dai trasferimenti, dai documenti, dalle certificazioni, dalle dichiarazioni e dalle istanze, il diritto a uno spazio benefico, di cura e di interazione quale può essere l’asilo nido per i bambini e per le bambine, è ancora più determinante, tanto per questi ultimi quanto per il nostro bel Paese e per i suoi cittadini.
In generale, prendendo alla mano contributi d’indagine recenti, si potrebbe insistere sull’importanza degli asili nido nel «miglioramento delle abilità cognitive, soprattutto di chi proviene da situazioni di svantaggio»: effetti positivi e significativi quali l’incremento di abilità linguistiche e motorie e buoni risultati nei test scolastici, sono elementi innegabili delle restituzioni empiriche8.
Le molteplici valutazioni diagnostiche e pedagogiche effettuate dagli anni Settanta ad oggi, infatti, continuano a dimostrare che «i bambini che frequentano con costanza l’asilo nido, mostrano una probabilità più alta di terminare la scuola secondaria, una probabilità più bassa di ripetere l’anno scolastico e una maggior probabilità di frequentare l’università»9. Secondo uno studio interdisciplinare del 2014, inoltre, sono proprio i bambini più svantaggiati a beneficiare «maggiormente dell’educazione della prima infanzia, perché i servizi offerti migliorano su ciò che viene loro offerto a casa»10.
E se una «casa» queste bimbe e questi bimbi faticano a ottenerla, perché abusiva, perché sgomberata o perché inaccessibile? O se questi bimbi e queste bimbe possono contare solo sui propri genitori, perché giovani «fuorisede» o universitari che da poco hanno scelto di restare? Quanto, in questi casi, ancora più indispensabile potrebbe essere «la funzione di vero ausilio» svolta dagli asili nidi? Lo ha detto anche il nuovo assessore pisano alle Politiche educative: gli asili nido permettono «di vivere con estrema serenità il momento del primo ingresso nel percorso educativo»11.
Dubitiamo fortemente, a questo punto, che oggi, nel vicinissimo 2020, esista un qualunque esperto capace di smentire l’importanza degli investimenti per lo sviluppo cognitivo nella fase della prima infanzia: è di tre mesi fa l’indagine condotta da Save the Children12, i cui risultati hanno mostrato come, appunto, a prescindere dallo «status» di provenienza di bambine e bambini, il mancato accesso ai nidi amplia in generale il fenomeno della povertà educativa e accresce le disuguaglianze in termini di apprendimento.
«Questi dati confermano l’importanza di investire nei servizi socio-educativi per la prima infanzia, che siano di qualità e accessibili a tutti i minori», ha dichiarato Save the Children, consapevole del fatto che, purtroppo, in Italia solo 1 minore su 4 ha accesso ai servizi per l’infanzia e, di questi, solo la metà frequenta un asilo pubblico13.
Se guardiamo a Pisa, in una regione in cui i dati parlano del 35,2% di frequenza al nido garantita, sappiamo che su 1845 bambini appartenenti alla fascia 0-2 (dati Istat), soltanto 54514 di loro hanno potuto accedervi. In sintesi, insomma, a Pisa la copertura del servizio rispetto alla popolazione potenziale risulta del 29,5%, molto inferiore sia alla media regionale che all’obiettivo europeo del 33%15.
In questo senso, relegare la possibilità di frequentare il nido solo a coloro che risiedono da abbastanza tempo sul territorio, significherebbe contribuire ad arricchire la situazione disastrosa già presente in tutta Italia, remando contro agli obiettivi nazionali, europei e internazionali e incrementando le diseguaglianze fin dal principio: invece di limitare i posti disponibili, non avrebbe forse più senso progettare e agire con l’obiettivo di aprire nuovi nidi e di realizzare politiche educative volte ad incentivare i genitori all’inserimento precoce dei bambini nel percorso educativo?
Sembra infatti essere questo il bisogno sociale di Pisa: soltanto l’aumento di una copertura del servizio della prima infanzia può contribuire a migliorare l’attuale situazione, permettendo in tal modo di ampliare la funzionalità dell’offerta sull’infanzia e garantirne un diritto storicamente sancito, nonché recentemente ripreso.
1Sindaco di Pisa, Conti citato in Il Tirreno, «Ecco l’asilo in salsa leghista: prima i più pisani», di
Loi,7 dicembre 2019.
2In La Repubblica, «Caso mense a Lodi, il tribunale di Milano sconfessa la sindaca: condizioni uguali per tutti», di Dazi, 13 dicembre 2018.
8Cfr. Bronfenbrenner (1989): Ecologia dello sviluppo umano; Moro (1998): Non solo genetica; Gauchet (2010): Il figlio del desiderio.
11Nuovo assessore pisano alle politiche educative, Munno citata in Pisatoday,«Asili nido, l’anno è iniziato: solo in quattro non sono in regola con le vaccinazioni».
12Il miglior inizio. Disuguaglianze e opportunità nei primi anni di vita, Save the Children (a cura di), 9 settembre 2019
15Cfr. «Obiettivi europei di Barcellona», 7 novembre 2019.