L’associazione 21 Luglio ha pubblicato il 28 aprile u.s. il rapporto “Ultimo banco”. Qui di seguito una recensione del rapporto, curata da Mariangela Priarolo.
L’istruzione negata: il rapporto “Ultimo banco” e il progetto romano di scolarizzazione dei Rom.
Sono tante le ragioni che hanno portato i nostri rappresentanti a inserire nella carta costituzionale l’articolo 34. Tra queste, oltre a nobilissime motivazioni di tipo etico, vi era anche la pragmatica
consapevolezza che una popolazione in grado di “leggere, scrivere e far di conto” avrebbe potuto finalmente uscire da quella condizione di arretratezza economica e sociale che aveva contraddistinto l’Italia dell’epoca fascista. Tale consapevolezza andò di pari passo con il riconoscimento che i diritti sociali, tra i quali il diritto all’istruzione andava annoverato, se privi di sostegno, ossia di mezzi adeguati per essere soddisfatti, sarebbero stati di fatto negati. Per questo motivo l’obbligo scolastico doveva essere letto sì come l’obbligo che il giovane cittadino avrebbe avuto di frequentare la scuola, ma anche come il dovere da parte dell’istituzione scolastica, e dunque dello stato di cui essa fa parte, di favorire in tutti i modi questa partecipazione. Di fronte a ciò i circa 27 milioni di euro spesi dal comune di Roma tra il 2002 e il 2015 per favorire la scolarizzazione dei Rom dovrebbero essere salutati con gioia, e visti come un sussulto di civiltà di uno dei comuni in cui le disparità sociali e l’esclusione sono spesso ritenuti un giusto castigo divino. Eppure come l’associazione 21 luglio ha mostrato con l’accurata indagine che ha condotto sui risultati del “Progetto scolarizzazione Rom” non è così. I motivi di questo fallimento sono ovvi per chiunque non sia schiavo dei pregiudizi, e ovvi erano a chi mise a fondamento del nostro vivere civile il diritto-dovere all’istruzione: senza soluzioni adeguate ai problemi dati dall’abitare in campi ai margini della società, in condizioni igienico-sanitarie spesso drammatiche, soluzioni strutturali che mettano chi vive nelle baraccopoli in grado di accedere realmente all’istruzione e non solo sulla carta, le disparità cognitive, culturali e sociali di chi vive nei campi non potranno che aggravarsi.