L’antiziganismo esiste

Pubblichiamo volentieri il racconto della  esperienza della nostra giovane socia Irene Certini che ha partecipato a nome di Articolo 34 al “Seminario di formazione per sviluppare le risposte dei giovani contro l’antiziganismo e i discorsi d’odio in Italia”, progetto europeo finanziato da Youth Department del Consiglio d’Europa, UNAR, RomaOnlus.

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Una trentina di giovani provenienti da tutta Italia, con le loro vite e i loro sogni, hanno deciso di attivarsi per i diritti umani grazie all’UNAR (Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali), a RomaOnlus e al Consiglio d’Europa, che hanno permesso e finanziato il seminario.

È passato circa un mese da quando ho partecipato a questo progetto che non è stato semplicemente informativo, ma ha permesso l’incontro tra ragazzi e ragazze Rom e non Rom. Uno degli obiettivi del seminario, oltre a permetterci un florido scambio di idee ed averci “rafforzato” sul piano teorico, è stato anche quello di chiederci di non fermarci al lavoro di una settimana, ma di continuare, divisi per gruppi, a collaborare tra noi pur abitando in zone d’Italia molto distanti. Il senso di andare avanti è quello di riuscire a sensibilizzare le persone intorno a noi, nei territori in cui viviamo, attraverso le nostre azioni personali e le iniziative delle associazioni di cui facciamo parte e permettere la promozione di strategie e politiche nuove, che si preoccupino seriamente dei giovani Rom e Sinti; sebbene alcune delle politiche attuali si interessino già ai Rom e ai Sinti, non fanno in nessun caso riferimento ai giovani, dai quali occorrerebbe invece muovere per guardare al futuro.

Cos’è l’antiziganismo?

“E’ una forma di razzismo particolarmente persistente, violenta, ricorrente e comune […] è una forma di razzismo specifica, un’ideologia fondata sulla superiorità razziale, una forma di disumanizzazione e di razzismo […] nutrita da una discriminazione storica, che viene espressa, tra gli altri, attraverso violenza, discorsi d’odio, sfruttamento, stigmatizzazione e attraverso le più evidenti forme di discriminazione”.
Un esempio di ciò è la frase di Miroslav Slavek (Partito Repubblicano Ceco) “Gli zingari dovrebbero essere imputabili di reati dal momento della loro nascita, perché essere nati è, di fatto, il loro crimine più grande”. Un’affermazione del genere, resa pubblicamente, viola la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani e più in generale schiaccia e fa sparire ogni briciola di umanità. Purtroppo Miroslav Slavek non è stato né il primo né sarà l’ultimo a esprimersi con questa arrogante violenza. Sono molte le persone che si accaniscono contro una minoranza di cui conoscono solo qualcosa per sentito dire, prive della consapevolezza che il proprio atteggiamento è frutto di stereotipi ed anche ingenuo. Intorno alla visione di Rom e Sinti, varie “scorciatoie cognitive” si sono consolidate nel tempo, per motivi storici e politici. È come se l’umanità avesse giocato ad un gigantesco telefono senza fili, raccogliendo una serie di informazioni incongrue.
Cito un altro esempio di antiziganismo che riguarda una frase dell’attuale Ministro degli Interni in Italia, che nel 2008 si espresse così: “I topi sono più facili… sono più facili degli zingari da combattere…”. Ma gli esempi a cui riferirsi sarebbero tanti. Soprattutto sui Social possiamo rilevare una infinità di frasi banali o aggressive, che ci permettono di capire come non esista un freno razionale all’antiziganismo e ai discorsi d’odio nei confronti di Rom, Sinti e Caminanti. Sono spesso frasi espresse con immediatezza, dettate dall’ignoranza della realtà umana di cui si parla (E degli effetti che producono).

I dati

Oggi, in Italia, Rom e Sinti sono circa 180 mila, su una popolazione di 60 milioni. Rom e Sinti rappresentano lo 0,25% del totale. Di questi, 4 su 5 vivono in casa e solo circa 26 mila si trovano nei cosiddetti “campi nomadi”. La maggior parte delle persone appartenenti a questa minoranza studiano, lavorano, fanno parte di associazioni, sono insegnanti, politici, stiliste, musicisti… Ma tale realtà non è visibile, mentre ciò che salta subito al nostro occhio è l’immagine stereotipata che abbiamo interiorizzato da tempo, della “zingara” che chiede l’elemosina alla stazione, o davanti alla chiesa, o che ruba e non pensiamo, o non ci chiediamo nient’altro, perché essa conferma il nostro stereotipo, l’immagine rigida che già si trovava nella nostra testa.
Inoltre ci siamo mai chiesti, chi è la giovane donna che chiede insistentemente aiuto, indossa una lunga gonna dai colori sgargianti e tiene un bimbo in braccio? Ciò che sappiamo è che lei certamente esiste, ma ci siamo chiesti perché si trovi lì, da dove venga, quale potrebbe essere il suo futuro? Quale contributo potrebbe dare all’insieme del corpo sociale? E noi che ruolo abbiamo?
Se andassimo a leggere la storia del popolo Rom e Sinto, nella quale si evidenziano atteggiamenti sconvolgenti e disumani nei loro confronti, compreso lo sterminio nei Campi nazisti (anche se la storia della loro sofferenza inizia molti secoli prima), non attribuiremmo più certi comportamenti alla “natura” o alla “cultura” che costringe e non permette mutamento.
È certo che, una condizione di povertà, “deprivazione” e discriminazione, rende difficile per la giovane donna che incontriamo, o suo marito, uscire dalla situazione di disagio sociale e vedere un futuro diverso e così rischiano di restare invischiati e perpetuare uno stile di vita con il quale, più o meno inconsapevolmente, rafforzano lo stereotipo già esistente.

Tantissime persone Rom e non rom si impegnano ogni giorno nella lotta per la conquista della libertà di essere apertamente orgogliosi della propria appartenenza etnica. Tentare di non negare la propria identità, nonostante le ondate di odio che derivano da disagi e difficoltà molto più grandi e molto più complesse della semplice “paura del diverso”. Sono problematiche attuali, che occorre affrontare e risolvere con l’impegno della buona politica, della corretta informazione dei media, ma anche con la conoscenza storica dei fatti e con azioni che interessino la dimensione sociale ed economica.

Il Seminario

Durante questi quattro giorni, dibattendo fra noi, grazie all’aiuto di Emilia Astore, la nostra mediatrice e facilitatrice, Denis Durmis del Dipartimento della Gioventù del Consiglio d’Europa, Alessandro Tudino e Roberto membri dell’UNAR e agli interventi di molti esperti come Eva Rizzin (ricercatrice presso l’Università di Verona del dipartimento di Scienze Umane e attivista Sinta), Luca Bravi (professore presso l’Università di Firenze, Dipartimento di Lettere e Filosofia e scrittore), Sabika Shah Povia (giornalista dell’Associazione Carta di Roma), Giuseppe delle Vergini (avvocato esperto in diritto dei migranti) e Matteo Flora (esperto in analisi e protezione della reputazione online e tutela della proprietà intellettuale, fondatore di The Fool e Digital Visionaries) abbiamo affrontato diversi temi, giorno per giorno.

Per iniziare, dopo esserci presentati con alcune attività di conoscenza, abbiamo risposto a tre domande per gruppi: Cosa sappiamo su Rom e Sinti in Italia? Quali sono le date importanti per i Rom e Sinti? Quali enti/associazioni si occupano di Rom e Sinti?
Dalla riflessione siamo arrivati non troppo facilmente ad alcune risposte e ovviamente tra i non rom ci sono state più difficoltà, soprattutto nell’individuare le date importanti dell’universo Rom e Sinti. Ciò che maggiormente è emerso è stato il grande peso che stereotipi e pregiudizi hanno sulla vita di chi appartiene a questa minoranza (es. i rom rubano il rame, gli zingari vogliono vivere nei campi, i rom sono i rumeni…) e come i ragazzi e le ragazze Rom e Sinti presenti al seminario non rientrassero in nessuno di quelli. È stata anche sottolineata l’importanza che avrebbe il riconoscimento del Porrajmos (lo sterminio di Rom e Sinti durante la Seconda guerra mondiale, dove sono morte 500 000 persone) nella giornata della memoria del 27 gennaio.

L’avvocato Giuseppe delle Vergini ci ha aiutato a vedere il fenomeno da un punto di vista giuridico, e a capire a quali articoli è possibile appellarsi per salvaguardare i diritti umani, mostrandoci il quadro nazionale di protezione dei diritti umani.

Abbiamo successivamente riflettuto in gruppi sulle definizioni di stereotipo, pregiudizio, discriminazione, razzismo, antiziganismo, su come gli stereotipi siano necessari e rientrino nell’organizzazione “normale” della mente umana, ma che possono diventare pericolosi quando semplificano eccessivamente la realtà arrivando a danneggiare, se associati a pregiudizi, discriminazione (sia diretta che indiretta) e a comportamenti razzisti, come quelli che rientrano nella definizione di antiziganismo. Definire le parole è il primo passo per comprendere un fenomeno.

Eva Rizzin ha portato il tema della rappresentazione politica e mediatica di Rom e Sinti, iniziando con accenni di storia rispetto alle forme di sterminio perpetrate negli anni, dalle forme più dirette, alla sottrazione dei bambini dalle famiglie e alla sterilizzazione forzata delle donne Rom. Attraverso le ricerche sui social e sui giornali ha potuto fare un’analisi dei discorsi politici e degli articoli a tema “antiziganismo”, facendoci capire come nel 2014, l’85% degli italiani avesse un’opinione negativa sui Rom.

Sabika Shah Povia che ci ha spiegato come funziona l’Associazione Carta di Roma e le linee guida che seguono nello scrivere un articolo (terminologia, uso delle fonti, tutela dell’identità, correttezza e completezza).

E’ intervenuto Luca Bravi che ci ha spiegato come la Memoria e i fatti siano i modi migliori per difendere i diritti umani, e come occorra partire raccontando la storia che ha toccato il territorio in cui ci troviamo; vicino al luogo in cui si teneva la conferenza, infatti, c’è stato per anni un insediamento di persone Rom, dunque era significativo incontrarci proprio lì.

Infine, facendo tutti parte di associazioni o essendo in contatto con enti che si occupano di salvaguardare i diritti umani, abbiamo condiviso con il resto del gruppo esempi positivi e buone pratiche nella nostra vita associativa di tutti i giorni e abbiamo positivamente scoperto quanto di bello già esiste e che a volte noi nemmeno ce ne accorgiamo. La condivisione è fondamentale per prendere spunto dal lavoro degli altri e/o per non fare gli stessi errori e soprattutto è essenziale conoscersi per “fare rete”.

Abbiamo trattato le domande e le sfide dei giovani Rom e non rom oggi, riflettendo sul perché l’antiziganismo, pur essendo fortemente presente, spesso non venga riconosciuto come forma di razzismo. Abbiamo considerato quanto sia necessario permettere il riconoscimento di Rom e Sinti in quanto minoranza linguistica e culturale e inserire il riconoscimento del Porrajmos nella giornata del 27 gennaio. A tal fine ci siamo divisi in 6 gruppi a seconda del nostro interesse (negazione dell’identità, l’attuale propaganda politica, ricordo Seconda guerra mondiale, azioni sociali e politiche, contrasto al video “re dei Rom”, l’antiziganismo “non esiste”), per iniziare a pensare alla progettazione di alcuni interventi possibili sui territori, definendo il problema specifico all’interno di ogni macro-argomento, il target, il cambiamento che si vorrebbe mettere in atto, l’approccio e i metodi.

Matteo Flora ci ha spiegato alcune tecniche di comunicazione per contrastare i discorsi d’odio sui social, per tutelare noi stessi, essere consapevoli degli effetti dei social anche su noi stessi e riuscire a dare risposte efficaci e credibili.

Infine ogni gruppo di lavoro ha esposto le proprie idee riassunte con l’aiuto di Emilia e degli altri collaboratori, in sette aree di intervento: corsi di formazione, arte, pubblicazioni e informazione, eventi, circolari del MIUR, campagna cross-mediale, Rete. Ognuno di noi, a seconda delle nostre risorse e capacità, è stato inserito in un gruppo, con l’obiettivo di continuare il lavoro nel concreto fino a febbraio con l’aiuto dei tutors e poi successivamente ognuno con le proprie forze.

Conclusioni

Promuovere i diritti di Rom e Sinti significa promuovere i diritti umani partendo  proprio dalle radici, per questo è fondamentale lavorare insieme, perché i diritti umani riguardano ognuno di noi, siamo responsabili se non agiamo, perché facciamo parte tutti quanti della stessa umanità. Lasciare che vengano lesi i diritti di qualcuno significa concedere un’eccezione all’inviolabilità dei diritti umani universali che un giorno potrebbe ritorcersi contro altri. È come se tutto questo stesse accadendo a noi. La mancata attenzione ai diritti umani, la superficialità e le dimenticanze portano a rischi profondi per ciascuno. Restare umani conviene a tutti.

Ottenere risultati positivi e una maggiore sensibilizzazione e attenzione alla salvaguardia dei diritti umani è possibile attraverso un progetto educativo mirato, che preveda la formazione e la promozione di reti tra realtà esistenti, favorisca la collaborazione e lo scambio di buone pratiche. Occorre costruire una società più aperta, inclusiva e libera dal timore dell’altro. Come diceva Paolo Boresellino “chi ha paura muore ogni giorno, chi non ha paura muore una volta sola”.

Irene Certini

 

ph: J.S.QuatermanJuan Gomezfedewild Bruno